Essere la pace





Un racconto narra di un Re dell'antica Cina che convocò alla sua corte i migliori trenta pittori del suo tempo.

Il Re aveva chiesto loro di dipingere la pace. L'autore di quello che sarebbe risultato il migliore dipinto, sarebbe stato ricompensato con grandi ricchezze.

Gli artisti, dopo profonde meditazioni, conclusero il loro lavoro e attesero il giudizio del Re che doveva decretare il vincitore.

Il Re era rimasto colpito da due dipinti; il primo era un paesaggio della natura, un lago circondato dalle montagne che emanava un grande senso di serenità e calma.

Ma ancora di più lo colpì il secondo dipinto che fu insignito del premio come vincitore. Il dipinto raffigurava una tempesta, il cielo nero squarciato dai fulmini che rovesciava una fitta pioggia, le acque del mare agitate e minacciose, il vento potente che scuoteva tutto.

Ed al centro di tutto questo potere espressivo della natura in subbuglio, impassibile come un Budda, un albero. Ciò che il dipinto comunicava era che l'albero era in pace, nonostante tutto quello che gli succedeva attorno.

Quando ricerchiamo la pace, il presupposto principale è che tutto attorno a noi debba essere calmo, soli così riusciamo ad entrare in uno stato di serenità interiore, che è il preludio alla pace. Ma questo stato dura il tempo che basta, affinché qualcosa del nostro mondo esterno non ci provochi un cambiamento interiore.

Basta uno stimolo esterno non gradito e la pace se ne è andata. Ed anche quando si cerca di indurre quello stato di serenità in modo prolungato, con un viaggio, una vacanza o un ritiro, quando si torna al quotidiano, basta poco per far agitare il nostro mare interiore.

Può la pace essere uno stato indotto dal nostro esterno?

Se è cosi, non sapremo mai cosa sia veramente la pace, saremo sempre in balia degli eventi.

È come volere un cambiamento importante nella vita e cambiare casa, partner, città, lavoro, ma se non cambiamo il nostro interno, non ci sarà nessun cambiamento profondo.

Ovunque andiamo, qualsiasi cosa facciamo, saremo sempre le stesse persone e quindi finiremo sempre con il ripetere gli stessi atteggiamenti, le stesse reazioni e, alla lunga, le stesse azioni.

Si tratta non di indurre uno stato d'animo, ma letteralmente diventare ciò che desideriamo. Quando la pace diventa uno stato dell'essere, allora siamo pace e diventiamo come l'albero del racconto che in mezzo alla tempesta si erge sereno e impassibile: egli non ha la pace attorno a sé, ma è pace dentro di sé!

Ogni cosa che vogliamo essere parte da dentro, non può essere delegata al mondo esteriore con il suo incedere volubile ed imprevedibile.

È facile indurre uno stato dell'essere così in un batter d'occhio ed improvvisamente essere pace?

Assolutamente no, è un lavoro che dura tutta la vita, ma il primo importantissimo passo è quello di rendersi consapevoli che tutto parte dall'interno e che fino a che saremo legati a ciò che ci accade all'esterno, non saremo mai padroni della nostra vita, delle nostre emozioni e del nostro essere.

Credo che questa sia una grande sfida in quello che è il nostro modo di vivere moderno fatto di frenesie, agitazioni e stress.

Ho visto qualche tempo fa un film documentario sulla comunità monastica fondata in Francia dal monaco Buddista Thich Nath Hanh, il padre della mindfullness.

Osservavo come la vita dei monaci attraverso la meditazione fosse intrisa di pace, serenità e silenzio. Certamente è una scelta coraggiosa e ovviamente sentita, quella di iniziare una vita da monaco per un occidentale, ma riflettevo come sia ancora, a mio avviso, più difficile raggiungere la condizione di pace, affrontando anche un quotidiano intriso di impegni, preoccupazioni e sollecitazioni di ogni tipo.

Per questo si può raggiungere la pace solo essendo pace: essere pace non in assenza della tempesta, ma nella tempesta.

Non dare l'attenzione a ciò che succede fuori, ma darla a ciò che accade dentro, mentre fuori succede quello che succede.

Quando la pace diventa uno stato dell'essere, non è qualcosa che si ha, ma è qualcosa che si è!


E questo vale anche per la libertà. La libertà, esattamente come la pace, è uno stato dell'essere.

Ho sentito tante persone lamentarsi di essersi sentite private della libertà in questi due mesi di domiciliazione forzata.

Ma anche questo ricalca lo stesso discorso della pace. Se la libertà è subordinata da ciò che mi accade fuori, non potrà mai essere uno stato permanente, ma sarà condizionata da ciò che sto vivendo o non sto vivendo.

Così sarò sempre in balia degli eventi e la libertà potrà essere un sogno, un valore, un obiettivo, ma non uno stato dell'essere.

Per raggiungere la vera dimensione della libertà, dapprima bisogna comprendere che non è, come per la pace, qualcosa che si ha, ma qualcosa che si è!

Allora nessuna quarantena, nessuna costrizione, nessuna condizione esteriore, potrà mutare il fatto che io sono libertà!


Come detto non è una cosa che si raggiunge in un attimo, ma diventare consapevoli che ciò che vogliamo essere dipende esclusivamente da noi, è una presa di coscienza e di responsabilità della propria vita.

É nel nostro essere che sorgono pace e libertà.

E ciò vale anche per felicità, amore, abbondanza e tutte le cose che dobbiamo ricordare di essere per poterle vivere nella loro essenza più elevata e non solo ricercandole.


Massimo



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