L'unicità: il dono che portiamo al mondo


È nella nostra unicità che risiede la chiave della nostra felicità.

Sicuramente avrete già sentito della parabola del leone che si credeva una pecora. Il leone, appena nato, si ritrovò a far parte di un gregge di pecore e venne cresciuto da loro, così anche da adulto si ritrovò a credersi una pecora. Mangiava come una pecora, ragionava come una pecora, stava in gruppo come le pecore. Ma un giorno passò di lì un vecchio leone che non poteva credere ai suoi occhi. Decise allora di capire meglio cosa stesse succedendo e si accorse che il leone giovane non aveva idea di chi fosse veramente, si credeva in tutto e per tutto una pecora. Allora il vecchio leone lo portò a uno specchio d’acqua e gli disse: “Guarda il riflesso del mio volto nell’acqua e guarda il tuo.” A quel punto il giovane leone, specchiandosi, si accorse di essere un leone e un ruggito e un’energia mai provata prima scaturirono da lui.

Il leone si era guardato allo specchio e per la prima volta aveva riconosciuto se stesso. 

Veniamo al mondo con dei talenti, delle predisposizioni, una personalità e qualche sogno nel cassetto e tutto ciò fa di noi delle persone uniche. Certo possiamo assomigliare ad altri, ma non saremo mai identici. Con il tempo però veniamo in contatto con altre persone, che siano genitori, parenti, amici, fidanzati, colleghi ecc., e mano a mano quello che assume sempre maggiore rilevanza per ciascuno, è il voler esser accettati

Così in modi sottili e inconsapevoli cominciamo a reprimere la nostra unicità per conformarci agli altri, indossiamo la maschera per diventare coloro che gli altri vogliono che noi siamo, perché abbiamo paura che se mostreremo chi siamo davvero, non verremo accettati ed amati. 

La società in generale condanna l’unicità dell’individuo in favore di caratteristiche comuni, ci suggerisce di non pretendere troppo da noi stessi, dell’accontentarci di essere tutti uguali anzi ci sprona in tal senso (naturalmente non uguali nei diritti ma in ciò che ci rende facilmente plasmabili e controllabili). Lo si vede fin dalla tenera età: non essere tra coloro che bevono alcol e fumano già alle superiori, se non addirittura prima oggigiorno, ti rende un escluso che viene spesso totalmente ignorato o viceversa bullizzato.

Così dunque cominciamo a perdere la nostra unicità in favore di una conformazione comunemente accettata, nascondiamo ciò che siamo, cominciamo a recitare una parte, minimizziamo le nostre capacità, i nostri talenti per paura di dimostrarci diversi, a volte anche troppo bravi, troppo potenti. Temiamo che se gli altri si sentiranno inferiori, non vorranno più starci accanto e sceglieranno chi è come loro. La diversità non è ben vista; lo dimostra anche la fiaba de Il brutto anatroccolo, dove chi è diverso viene deriso, allontanato dal gruppo, ma che infine restando se stesso sboccia diventando un bellissimo cigno. Il messaggio che ci manda Hans Christian Andersen è chiaro.

La nostra unicità è come un fuoco sacro che arde nella profondità del nostro Essere e più lo copriamo con menzogne che ci raccontiamo da soli, più tenderà a diventare fioco e forse a estinguersi. Probabilmente in realtà il fuoco sacro della nostra anima non si estingue mai, forse resta sempre un barlume di esso, una piccola fiamma che sogna di ricevere un po’ di ossigeno per riprendere a bruciare e per prendersi il posto che le spetta. Per questo penso che fino al nostro trapasso, anche se non siamo mai stati consapevoli di quante maschere abbiamo indossato e di quante menzogne ci siamo detti, quel fuoco continua a persistere e anche se tentiamo di convincerci che è ormai troppo tardi, che siamo troppo vecchi, non credo sia così. Penso anzi che ogni attimo della nostra vita meriti di venir vissuto, fino all’ultimo, perché fino all’ultimo respiro noi abbiamo la facoltà di scegliere cosa fare e abbiamo la facoltà di fare qualcosa o addirittura il dovere verso noi stessi di farlo; altrimenti la nostra vita si sarebbe conclusa prima. 

La nostra unicità è ciò che siamo, che ci contraddistingue dagli altri ed è esattamente ciò che siamo venuti a donare al mondo. Il mondo non ha bisogno di miliardi di persone tutte uguali, ha bisogno di varietà. Non esistono forse miliardi di specie animali sulla terra? E miliardi di specie di vegetali, minerali? Ognuno di essi dona la propria unicità, una particolarità e non si conforma per diventare uguale agli altri. No, vive per essere ciò che è, per portare se stesso al mondo. Perché dunque noi, esseri tanto evoluti (anche se a volte ho qualche dubbio in merito) facciamo di tutto per perdere la nostra unicità e conformarci agli altri? Perché non ci guardiamo allo specchio e riconosciamo a noi stessi chi siamo davvero, quali sono i nostri pregi e i nostri difetti, i nostri talenti e quali sono davvero i nostri sogni e non li perseguiamo per raggiungere la vita che desideriamo?

Allora smettiamola di voler assomigliare agli altri, troviamo il nostro stile, le nostre parole, il nostro carattere, esprimiamo il nostro talento, la nostra voce, viviamo seguendo la nostra natura. E chi se ne importa se gli altri ci giudicheranno! Non lo fanno forse lo stesso? Non lo facciamo forse comunque? Giudichiamo sempre e comunque tutti, sia chi è diverso, sia chi ci assomiglia, quindi non è meglio venir giudicati e criticati ma seguendo la nostra verità, piuttosto che quella di qualcun altro? Ha successo chi ha il coraggio di essere se stesso, dobbiamo differenziarci gli uni dagli altri. Se i cantanti ad esempio cantassero tutti con la stessa voce e nello stesso identico modo, che bisogno ci sarebbe di averne tanti? Ne basterebbe uno. Per questo dobbiamo essere unici, perché se lo saremo troveremo il nostro posto nel mondo, saremo un leone in mezzo alle pecore; altrimenti saremo solo un’altra pecora tra tante. Ma in fondo nessuno di noi vuole essere una pecora tra tante. Dentro di noi qualcosa ci chiama e ci spinge a portare a galla qualcosa che ci rappresenti davvero. Allora permettiamoci di farlo, facciamoci questo dono. Amiamoci a tal punto da permetterci di essere chi siamo veramente. È un atto di enorme amore verso noi stessi e noi lo meritiamo davvero.

La nostra bellezza nasce dalla nostra unicità, dalla nostra diversità, non da quello in cui assomigliamo agli altri. Se ognuno di noi è unico e lo dimostra, allora il mondo si colora di infinite sfumature; in caso contrario il grigio copre tutto. Ma noi vogliamo essere grigi o dipingerci con l’arcobaleno? 


Anja

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