Entrare nel profondo



Questi giorni sono duri per tutti, mi sbaglio?

Per me lo sono, non è tanto la paura del contagio che mi preoccupa, perché abbiamo ormai capito tutti che rimanere ognuno nella propria abitazione è ciò che ci mette al riparo. Piuttosto quello che mi fa stare male dentro, è una preoccupazione generale, il percepire che è un momento difficile per tutti, sapere che ci sono delle persone ammalate seriamente, che ci sono gli operatori sanitari che si prendono cura di loro sobbarcandosi la fatica, la protezione, la responsabilità, la prevenzione e la cura.

Il non poter andare a fare una passeggiata fuori città nel weekend è qualcosa che può pesare sì, ma non è nulla a confronto della tristezza e dello sconforto che sento nel pensare all’attuale situazione e alle sue conseguenze. E` come se sentissi che l’Uomo sta male e ha bisogno di aiuto urgente. So bene che l’Uomo era gravemente ammalato anche prima…ma ora, per continuare a vivere ha bisogno della terapia intensiva, non riesce a farcela da solo. Non mi viene da pensare cose come “ha sbagliato e ora imparerà” oppure “poteva evitare di arrivare a questo punto e pensarci prima”. Piuttosto mi si accende un sentimento di accudimento. 

Se potessimo guardare all’umanità come fosse un unico essere, vedremmo forse un vecchio che ne ha combinate tante, molte volte ha anteposto le proprie necessità e i propri vezzi alle necessità altrui, spesso con la violenza e con l’inganno, è stato capace di tante brutture, ma anche di cose straordinarie come l’arte, la sincera compassione, l’amore sincero. Se da un lato proverei certamente fastidio e rabbia di fronte a questa persona, dall’altra, vedendo quanto sta male, proverei compassione e vicinanza, sapendo che in fin dei conti tutti sbagliano e una seconda possibilità è quasi sempre concessa. 
Forse l’Uomo non capirà mai, o forse sì, certo è che finché viviamo nella dualità sono necessari sia il bene che il male. Questo sentimento è lo stesso che ho conosciuto dentro di me attraverso le Costellazioni Familiari, durante le quali è possibile riconoscere aspetti della natura umana che sono dentro di noi, ma dei quali non ci siamo mai molto occupati. Si può giungere a comprendere che l’unica differenza tra una vittima ed un carnefice sono solo le azioni compiute, perché nella sostanza siamo tutti esseri umani che interpretano una parte nel gioco della vita. 

L’umanità siamo noi, ognuno singolarmente, quindi quel vecchio siamo noi e ora è il momento di prenderci cura di noi, nel profondo. Vale la pena in questo periodo di permetterci di sentire e dare spazio alle emozioni che questa situazione ci scatena dentro. Io personalmente sto sperimentando, tra le altre emozioni, la solitudine che per me significa sentire l’abbandono. 
Prima di questa situazione avevo una vita sociale “normale” (tra virgolette perché chi può sostenere cosa sia normale e cosa no?). Ma in questo periodo mi sono letta dentro per scoprire che spesso in realtà ero da sola, per scelta, per avere i miei spazi e stare con me stessa. Se questo può apparire come un comportamento sano, in realtà per quanto riguarda me e il mio vissuto, ho capito che c’è anche una sorta di paura dell’altro, una lieve chiusura. Sarà perché osservo, ascolto e sento molto l’energia dell’altro. Sarà perché sento il bisogno di proteggermi e ritrovarmi spesso. 

Mi sono tornati alla mente in questi giorni anche i momenti vissuti durante il mio viaggio in Tibet. Spesso in quei giorni ho vissuto la sensazione di solitudine e abbandono, nonostante fossi in viaggio con amici a cui voglio molto bene e altre persone. La sensazione interiore di solitudine non mi permetteva di rapportarmi agli altri. E` strano, la sensazione di solitudine dovrebbe piuttosto farci cercare l’altro anziché isolarsi, eppure… Dipende, dipende se questa solitudine ha il sapore dell’abbandono o del rifiuto, come ci spiega Lise Bourbeau nel suo “Le cinque ferite e come guarirle”. Quando si attiva una ferita emozionale, come ad esempio quella del rifiuto, contemporaneamente rifiutiamo gli altri (o le situazioni) e ci sentiamo rifiutati. Il conflitto interiore che spesso si vive quando si attivano queste ferite è, almeno nel mio caso, che si vorrebbe stare da soli, ma gli altri ci mancano, gli altri ci mancano, ma a volte quando siamo con loro vorremmo stare da soli. Un bel garbuglio! 

Ecco quindi cosa può accadere in questo periodo in cui la nostra vita non può procedere nello stesso modo al quale eravamo abituati giorno dopo giorno. Succede che cambiamo abitudini, anche radicalmente, e così emergono le nostre sofferenze, e possiamo accorgercene e accoglierle. Vale la pena osservare le nostre emozioni, lasciarle uscire e giungere a toccare le nostre ferite dell’anima. Non è sicuramente piacevole, ma è la chiave fondamentale per rinnovarci dentro, per conoscerci di più ed essere alla fine più completi e felici. 

Lo scopo, a mio parere, non è quello di “risolverci” o di auto curarci, piuttosto di guardare e sfiorare le nostre ferite, accoglierci ed abbracciare noi stessi, così come siamo.

“Ciascuna delle mie ferite , ha dato origine a una perla “

Jodorowsky

Sara https://www.facebook.com/SaraTemperiniBeoniCounselor/

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