L'eterna competizione - il bisogno di primeggiare sugli altri


Potete immaginare come sarebbe alzarsi ogni mattina e mettersi a correre e correre per tutto il giorno, senza mai fermarsi? Ma non siete soli, accanto a voi stanno correndo anche i vostri amici, parenti, conoscenti ma anche sconosciuti, e voi li tenete continuamente d’occhio tutti. Siete tutti lì che correte come matti e ciascuno di voi vuole arrivare per primo; a volte gli altri vi superano, altre volte siete voi a superare loro. Poi finalmente arriva il momento del riposo, vi mettete a dormire per qualche ora e l’indomani mattina ricomincia tutto d’accapo come in un circolo vizioso.

Riuscite a immaginare quanta fatica sarebbe vivere ogni giorno così? Ogni giorno a correre e tentare di primeggiare sugli altri? Beh in realtà non c’è bisogno di immaginarlo, perché è esattamente così che viviamo.

Fin da piccoli ci inculcano l’idea che bisogna essere non solo bravi a scuola, meglio ancora essere i più bravi. Quanto hai preso al compito di italiano? Otto. E quanto hanno preso i tuoi compagni? Nove. E perché non hai preso anche tu nove? La prossima volta dovrai farlo.

Poi succede la stessa cosa nello sport: se giochi in una squadra è comunque bene che tu sia il migliore tra i tuoi compagni; se è uno sport individuale, allora devi per forza battere gli altri. Chi l’ha detto che basta partecipare? No, bisogna vincere, se non vinci sei un perdente, sei uno sfigato o giù di lì.

E così cresciamo con l’idea che dobbiamo sempre primeggiare sugli altri, magari in modo onesto o magari dando una spintarella alla fortuna, l’importante è il risultato. E quanto è difficile poi una volta adulti liberarsi di questo programma interiore! C’è chi di carattere fa di tutto per riuscire e c’è chi invece cresce con la paura di fallire, di non essere all’altezza di ciò che le persone che ama si aspettano da lui, e così fallisce volta dopo volta.

L’esempio della corsa è solo una metafora per spiegare che viviamo continuamente in lotta con tutti. Se dobbiamo sempre vincere, allora vuol dire che siamo sempre in competizione, stiamo sempre gareggiando. Ma quanto è stancante tutto questo? Non ne sentite la pesantezza anche solo nel leggerlo? Non sentite quanta energia venga sprecata da questa continua lotta con il mondo? Non vi sentite mai senza energia a fine giornata? I motivi possono essere tanti certo, ma la competizione continua a cui ci sottoponiamo, è sicuramente uno di questi.

Qualcuno potrà dire che è proprio nel competere con gli altri che ci sproniamo a fare di più, ma per quanto se ne dica, raramente la competizione è sana e sportiva. Il pensiero inconscio di fondo è che se uno vince, l’altro perde, soccombe; è un duello all’ultimo sangue. Uno vivrà, l’altro morirà.

Ma non deve essere per forza così. Noi non dovremmo competere con gli altri per trovare la forza di fare di più e per migliorarci. Quella è una cosa che dovrebbe nascere dentro di noi e non dalla smania di gonfiare il nostro ego per dire che siamo meglio degli altri. Gli unici con cui dovremmo, per così dire, essere in competizione, siamo noi stessi. Lo so che il mondo è strutturato su vincitori e vinti, ma quando i velocisti corrono, ciascuno nella propria corsia, mettersi a guardare quello che fanno gli altri accanto, in realtà li distrae. Ciò che devono fare per vincere davvero, è essere focalizzati solo su loro stessi e dare il meglio che possono. Il più grande nemico di noi stessi siamo noi, e se ci mettiamo in competizione con noi stessi, allora faremo davvero il meglio che possiamo. Fare meglio degli altri non significa necessariamente farlo al meglio delle nostre potenzialità, perché se uno è debole e riesce ad alzare solo 5 kg di peso e io alzo 5,1 kg, questo significa che ho fatto meglio di lui; ma se la mia forza mi permettesse di alzare 60 kg, allora sarei ben lontana dall’aver dato il mio meglio.

L’idea di competizione parte ovviamente da una mentalità di mancanza, di scarsità. Siamo convinti che non ci sia posto per tutti. Vogliamo sempre ciò che hanno gli altri, perché siamo convinti che se ce l’hanno loro, allora non lo avremo noi. Vivendo così è inevitabile pensare che se non uccidi vieni ucciso. Se ad esempio il tuo sogno è fare l’attore, ti diranno che non puoi farcela perché ci sono già migliaia di attori al mondo e quindi non c’è spazio per te. Ma se proverai a inseguire i tuoi sogni, potresti anche diventare un attore tanto bravo da vincere un oscar. Dipende però da come tu vedi la realtà…come scarsità o come abbondanza? C’è posto per tutti o solo per pochi? Finché vedremo scarsità, le opportunità non ci si presenteranno, ma se vedremo abbondanza, che c’è posto per tutti, allora smetteremo di essere in competizione, perché noi non siamo uguali ai nostri colleghi. Questo mi riporta al concetto di unicità di cui parlavo nello scorso articolo (leggi articolo). Se ciascuno di noi porterà la sua unicità, ci sarà posto per tutti e allora smetteremo di competere e quando smetteremo di competere, finalmente tireremo un sospiro di sollievo. Per la prima volta in vita nostra ci riapproprieremo della nostra energia e capiremo che non è mai stato così bello vivere; e invece di correre, cominceremo a camminare e noteremo finalmente il paesaggio attorno a noi e la vita assumerà un nuovo significato più bello e profondo.

Quindi se proprio vogliamo trovare qualcuno con cui gareggiare, facciamolo con noi stessi. Sproniamoci giorno per giorno a essere migliori ma non degli altri, ma di noi stessi del giorno prima. Vincere le nostre paure e le nostre resistenze per migliorare la nostra vita ne vale davvero la pena, vincere solo per sbatterlo in faccia agli altri invece ingrandisce solo il nostro ego. Il nostro ego però si dimenticherà molto velocemente di questo e ci spingerà a rimetterci in competizione nuovamente, solo per poter dire una volta in più ho vinto. E nel momento in cui perderà, allora si sentirà devastato, umiliato.

Partecipare sapendo di aver dato il massimo, questo ci fa sentire davvero vincitori. Un bambino o un adulto che saprà di aver fatto del suo meglio anche se non ha vinto, si sentirà come se quell’esperienza lo avesse arricchito. Al contrario se avrà fatto del suo meglio ma gli verrà fatto notare solamente che ha perso, lo farà sentire in colpa come se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

È superando i nostri limiti, non quelli altrui, che arriveremo in cima alla montagna ed è proprio lassù che si aprirà la vista sullo scenario più bello.

Quando l’uomo smetterà di competere e inizierà a collaborare con i suoi simili e con la natura, perché di fatto compete anche con essa e tenta di piegarla al suo volere, allora scoprirà  di poter andare davvero lontano.

Anja

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